Il crollo della radiofonia occidentale

dabE’ in atto un complotto da parte delle lobby di straccivendoli che stanno rottamando la radio come mezzo di diffusione di cultura in favore del modello all-trash. E questa non è una novità, naturalmente: i tempi sono questi e c’è poco da fare. Non ci resta che seguire, con il massimo distacco e senza perdere il sonno ché non ne vale la pena, l’inarrestabile accelerazione della micidiale frattura fra la straordinaria evoluzione delle tecnologie e la tristezza del loro utilizzo come strumenti finalizzati a incassare quattrini passando attraverso la diffusione del pensiero piatto che ha come finalità l’omologazione dell’audience al minimo livello concepibile. E’ l’eterna e ricorrente manifestazione  del pentolaio mediatico, l’incarnazione demoniaca che in ogni generazione agisce sotto le spoglie di creature paraumane che utilizzano i media  per intervenire sulle connessioni sinaptiche degli individui al fine di ridurre il genere umano a una massa di zombie tristi, impauriti, infelici, violenti, cattivi e in ultima analisi completamente psicopatici. Per cui a scadenze più o meno regolari, milioni di individui si trovano invischiati nei giochi di morte, psicologica o fisica, organizzati e gestiti a livello mediatico da personaggi tipo Joseph Goebbels, Walt Disney, Silvio Berlusconi, Vanna Marchi, Padre Livio e compagnia bella.
Oggi come oggi, per come la vedo io, In Italia non ci sono più – o non ci sono ancora – messaggi forti da far passare per radio.  Il pubblico è rincoglionito a sufficienza e la terapia di mantenimento dell’imbecillità è assicurata da mandrie di diggéi, gossipari travestiti da giornalisti,  mentecatti che declamano il nulla. La cacofonia è l’impronta dell’etere italiano, dubbi non ne esistono ed è già una roba triste così; ma al peggio non c’è limite e adesso si tende a snaturare ancora di più la radio, riducendola a terzo – o quarto, o quinto – schermo.
Questa ennesima pagliacciata si basa sull’assunto, del tutto demenziale, secondo il quale al “consumatore” uno schermo non basta. Il consumatore ideale, nella perversa visione dei marketing director e dei sales manager che scrivono deliranti report destinati agli investor che maneggiano denaro altrui, ha l’assoluta e irresistibile esigenza di guardare la televisione mentre chatta sul tablet e allo stesso momento scambia selfie con l’amante attraverso lo smartphone.  Se è in macchina, fa tutto questo e inoltre guarda lo schermo del navigatore.  Una vita d’inferno, insomma, ma tant’è.
Poteva la radio rimanere esclusa da questo manicomio? Ma certo che no. E così, grazie alla tecnologia DAB e ai suoi derivati, anche la radio è uno schermo. Se ne sentiva il bisogno.

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Questa follia, grazie alla illuminata gestione Gubitosi – l’uomo del Rolex – sta aggredendo anche l’unica emittente relativamente sana ascoltabile in Italia, ovvero Radio3 del servizio pubblico.
L’immagine del mio magnifico Pure (sempre grazie, Guana)  sintonizzato sul digitale di Radio3 racconta questa storia:
Dunque, io sto ascoltando le notizie del GR3 – un notiziario equilibrato, pacato, letto e non strillato. Nel mentre posso lavorare o leggere un libro o semplicemente sonnecchiare. Ora, perché mai dovrei anche leggere le notizie che sto ascoltando? Che utilizzo di banda mi rappresenta questa scempiaggine? La radio per i non udenti? Abbiamo una spiegazione sensata che giustifichi questo inutile gadget virtuale?
Un’altra zona del display mi esorta ad avvicinare uno smartphone al codice a barre al fine di connettermi con il programma “Piazza Verdi”.  Ma se stanno trasmettendo un notiziario, che è produzione loro, quale logica li spinge a dirottare la mia attenzione verso un programma che non stanno trasmettendo? Cos’è, masochismo, ubriachezza o semplice imbecillità? No, perché alternative ne vedo poche.
La verità è che il testo su un terminale radio serve a veicolare pubblicità, non facciamola tanto lunga. E diciamo anche che le inquadrature della redazione o i filmetti live dei diggéi che delirano, trasmessi dallo stream digitale delle emittenti commerciali, fanno parecchio pena.
Gli è che la radio – e questo è noto da decenni – ha il suo punto di forza nella non invasività e nella compatibilità della sua fruizione con lo svolgimento di altre attività umane, tipo che con la radio accesa uno può lavorare, leggere, cucinare o anche fare sesso. Quindi la radio con lo schermo è uno sterile ibrido senza ragione di esistere; infatti il mio apparecchio Pure, essendo una roba di classe, può essere settato per l’oscuramento automatico del display dopo cinque secondi.
Immagino che sia una delle funzioni più usate, perché la radio non è il secondo (né il terzo né il quarto) schermo di nessuno.

Ho una radio digitale

radio_5Il mese scorso ho fatto un salto a Trento, gradevolissima città nota per il suo mercatino di Natale e per i congressi sulla radio digitale che ci tengono aggiornati sui continui  progressi della diffusione di questa tecnologia nel nostro paese.
Il mercatino di Natale era delizioso, senza se e senza ma, specialmente dal punto di vista gastronomico. Certi formaggi d’alpeggio, certi insaccati dall’impronta gradevolmente sudtirolese e certe bottiglie di Teroldego valevano sicuramente la pena del viaggio.
Per quanto riguarda il convegno sulla radio digitale, che ho seguito con doverosa attenzione facendo la spola con l’antistante piazza del mercato per qualche assaggio di canederli e alcune degustazioni di grappe di Mezzocorona, che dire? Ho ascoltato, fra gli altri,  un simpatico signore che raccontava dei bei tempi a Radio Popolare e un diggèi di RTL 102.5 impegnato a dimostrare senza ombra di dubbio che la sua emittente è la migliore del mondo e crede nel digitale; inoltre è intervenuta una signora mandata dal ministero dello sviluppo economico, del tutto impreparata e  sicuramente in viaggio-premio a spese del contribuente.
In sintesi, il convegno mi è servito per capire che la diffusione della radio digitale in Italia è indietro da matti, che la normativa è confusa e/o contradditoria e che si naviga a vista senza uno straccio di indirizzo; lo sapevo già, come lo sa chiunque operi nel settore, ma è bello sentirselo confermare in modo tanto articolato: succede a ogni convegno, congresso o tavola rotonda. Da anni.
La cosa simpatica è che all’evento era collegata una specie di lotteria: la Pure, azienda che produce una vasta gamma di dispositivi digital-radio, metteva in palio una mezza dozzina di ricevitori. Ho vinto, con assoluta nonchalance, il primo premio: un bellissimo “Sensia 200D” di fascia alta.
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Questa radio, in effetti, è un bell’oggetto disegnato con intelligenza. L’ho provato a Milano centro in un appartamento al 9° piano con orizzonte libero su poco meno di 360°, in condizioni quindi pressoché ideali. E naturalmente sono andato immediatamente a testare la ricezione in digitale.
Dunque: l’ auto-scan aggancia una dozzina di stazioni, fra cui tre o quattro svizzere: notevole. Peccato che il digitale, intrinsecamente, abbia bisogno di segnali che superino un certo livello – al disotto del quale il ricevitore dichiara “segnale insufficiente” e se ne sta zitto come un pesce. Pertanto, ai fini pratici, ascolto quattro canali RAI e un paio di RTL 102.5. Punto.  Questo dall’attico al 9° piano e senza ostacoli attorno; a livello strada, ipotizzo, la situazione sarebbe parecchio più desolante. Immagino che un’antenna esterna ed efficiente aiuterebbe, ma 1) un’antenna esterna per sentire la radio? e 2) il dispositivo non è dotato di connettori per antenne esterne, quindi non se ne parla proprio. La resa acustica è buona, il suono è gradevole; un confronto fra Rai3 in digitale e lo stesso canale in FM, comunque, non rivela differenze apprezzabili a orecchio:  il gap qualitativo fra digitale e analogico, se c’è, è così ridotto che si vede solo con gli strumenti.
In presenza di segnali WiFi il Sensia funziona anche come Web Radio, il che è interessante. L’utente può sbizzarrirsi nella ricerca delle stazioni attraverso l’interfaccia touch-screen, oppure presintonizzare via web previa registrazione al servizio “Pure Connect”.  Entrambe le modalità non sono il massimo dell’ user-friendly, devo dire che l’interfaccia dell’ app Tuneln installata sul mio smartphone è anni luce più avanti da questo punto di vista; ma esistono gli update e voglio sperare che anche alla Pure siano in grado di offrire – per dirla come i fighetti – un’ esperienza più soddisfacente a chi voglia usare il Sensia come web-radio. Il che, allo stato attuale del digitale in Italia, è l’unica ragione che ne giustifichi un eventuale acquisto.
L’ apparecchio viene presentato come  “Music System” e in effetti consente la registrazione su chiavetta USB, la riproduzione di file audio da smartphone o PC. Tutte le caratteristiche sono ben dettagliate su questa pagina della Pure.
Ogni recensione che si rispetti deve contenere una “bottom line”. Eccola:
Il Pure Sensia 200D è sicuramente un bellissimo oggetto che fa molto figo. Peccato che in Italia la radio digitale al momento non esista e che agli effetti pratici tutte le altre funzioni di questo bellissimo oggetto possano venire svolte da un comune smartphone accessoriato da un paio di altoparlanti di buona qualità, il che non invoglia a investire denaro per il gusto di dire agli amici “ho una radio digitale”. Questo però io lo posso fare perché la radio l’ho vinta alla lotteria e ne sono molto contento, pertanto desidero ringraziare Giorgio Guana per aver messo a disposizione le radio Pure e per avere incalzato, con competenza e intelligenza, la rappresentante del ministero dello sviluppo economico  in occasione del convegno di Trento. Guana ci ha provato, a far notare le vergognose inadeguatezze dell’ amministrazione; peccato che l’interlocutrice fosse penosamente all’oscuro delle problematiche del settore. E’ l’ Italia, baby.